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Autore: unplanned

Osservatorio Internazionale

INCONTRO CON FEDERICA PICCHI E CON I FILM DELLA DOMINUS PRODUCTION. Nuova puntata dell’Osservatorio a Radio Maria.

La prossima puntata della trasmissione “La Dottrina sociale della Chiesa oggi”, curata dall’Osservatorio ogni terzo sabato del mese su Radio Maria, sarà dedicata al tema: “Diritto alla vita e attività della Dominus Production”. Questo sabato, dunque, 18 settembre, dalle ore 21.00 alle 22.30, tratterà dell’argomento Federica Picchi (fondatrice della casa di produzione e distribuzione cinematografica Dominus Production: VEDI INFO IN CALCE A QUESTA NEWS), che parlerà della mission di diffondere prodotti ad alto valore artistico e culturale con un profondo contenuto etico ed educativo, come ad esempio il recente film Unplanned sul tema dell’aborto.

L’intento è sempre quello di affrontare i temi cari al Magistero della Chiesa, approfondendo la riflessione sulla famiglia, sull’educazione dei figli e dei giovani, sulla scuola, sul lavoro e altre tematiche legate alla vita . Il conduttore Fabio Trevisan, intervistando la gradita ospite, tratterà della battaglia per la giusta difesa dei principi e dei valori fondanti della società: vita, famiglia, lavoro.

L’appuntamento è quindi per sabato prossimo, con la possibilità da parte degli ascoltatori d’intervenire in diretta, a partire dalle ore 22, telefonando al numero della redazione di Radio Maria: 031/610.610.

CHI E’ FEDERICA PICCHI:

Federica Picchi (nella foto) ha fondato nel 2010 la Dominus Production S.r.l., una casa di produzione e distribuzione cinematografica, con la mission di diffondere prodotti ad alto valore artistico e culturale, con un profondo contenuto etico ed educativo. Laureata in Economia e Commercio all’Università Bocconi di Milano, dopo varie esperienze lavorative in banche d’affari internazionali, in consulenze strategiche per rilanciare aziende in crisi, coprendo il ruolo di responsabile creazione progetti di copertura finanziaria alle infrastrutture nei mercati in via di sviluppo in Africa, ha deciso di lanciarsi nella distribuzione cinematografica per promuovere i valori e le virtù cristiane. Oltre alla sezione cinematografica (a lei dobbiamo l’arrivo in Italia del film Cristiada sulla persecuzione dei cristeros mexicani di inizio 1900) con una distribuzione dei film in oltre 300 sale in Italia, la Dominus Production si avvale pure di una sezione editoriale (per la pubblicazione e distribuzione di libri di approfondimento alle pellicole con un network di circa 2.000 rivenditori) e discografica, soprattutto quest’ultima per la diffusione di musica di pregio tra i giovani. Impegnata sul fronte del lavoro, della famiglia, ha intrapreso una collaborazione con la scuola, proponendo la visione dei film come fonte di stimolo alla crescita civica, culturale ed etica degli studenti. Secondo film distribuito dalla Dominus Production è stato God’s not dead, che ha visto un dibattito al cui centro si poneva l’esistenza di Dio. Ultimamente sta distribuendo il film Unplanned sull’esperienza diretta di Abby Johnson, ex direttrice di un abortificio della Planned Parenthood, la quale si è convertita ed è divenuta un’attivista pro-life.

Con il suo impegno e capacità manageriali, Federica Picchi si è posta a difesa dei principi non negoziabili (vita, famiglia, educazione) promuovendo una cultura della vita che proponga la bellezza e la verità dell’essere cristiani, come condensato da queste sue parole: “La mia battaglia è per la giusta difesa dei valori fondanti della società: vita, famiglia, lavoro. Con rispetto dell’avversario e con la pace nel cuore voglio dire la verità in modo granitico”.

Articolo pubblicato da Osservatorio Internazionale 28/09/21

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Aleteia

Una pellicola che arriva dagli USA grazie a Federica Picchi, fondatore della casa di produzione Dominus Production; abbiamo chiesto proprio a lei di raccontarci come ha realizzato questo risultato e cosa si aspetta dalla visione del film nelle sale italiane. 

Sold out per la proiezione all’Ariston

Il 29 luglio 2022 a Sanremo non è stato un venerdì qualunque. Un film che mostra la verità dell’aborto raccontando una storia vera e senza alcun eccesso apologetico, senza traccia della classica retorica pro life, è stato proiettato al Teatro Ariston ed è stato visto da 600 persone. Tra di esse anche il vescovo della diocesi Ventimiglia-SAnremo, Antonio Suetta. .

«Una serata all’insegna della gioia – è il commento di Federica Picchi, alla guida dell’azienda che ha distribuito il film in Italia –. Unplanned, svelando la semplice verità delle cose, continua ad aprire i cuori di tutti coloro che si accostano alla storia». Tanti ragazzi nei giorni precedenti alla proiezione per le vie della città hanno invitato i loro coetanei al cinema». Alla proiezione hanno partecipato anche i vescovi delle diocesi vicine: Guglielmo Borghetti (Albenga-Imperia), Calogero Marino (Savona-Noli) e gli emeriti Vittorio Lupi (Savona-Noli) e Alberto Maria Careggio (Ventimiglia-Sanremo). Avvenire

(Aggiornato il 2 Agosto 2022)

Abby Johnson, un’idealista ingannata

E’ la storia vera di una ex-dipendente della catena di cliniche abortive tra le più potenti al mondo, Planned Parenthood. Abby Johnson, dipendente dell’anno 2008, per un caso non pianificato, si troverà ad aiutare un medico in una procedura di aborto.

Lei stessa ne aveva usufruito e con le donne che si rivolgevano alla clinica spendeva sincere rassicurazioni, convinta che fossero nell’esercizio dei loro cosiddetti diritti riproduttivi e senza alcun danno per il bambino. Ma durante l’assistenza a quell’aborto in una gravidanza di 12 settimane Abby vede cosa succede e soprattutto a chi. Lì c’è qualcuno, non un grumo di cellule. Ha mentito a sé stessa e alle donne per dieci anni.

La Dominus production e la sua missione

Federica Picchi è la fondatrice della casa di produzione e distribuzione cinematografica Dominus production e, da poco, di Estpretiosa.

Laureata alla Bocconi ha lavorato a lungo all’estero per banche d’affari, fino a quando ha maturato la decisione di mettere la propria professionalità a servizio della verità intorno alla vita. Ma parlare di vita significa svelare una delle sue più radicali e sistematiche negazioni, l’aborto. Questo è il motore pulsante della sua attività e di quella delle case di produzione di cui è a capo, non solo la Dominus ma anche la neonata Estpretiosa.

Il cinema e i giovani

Il linguaggio cinematografico ha una forza e un’incisività particolari e spesso viene usato per diffondere visioni ideologiche e lontane dalla verità sull’uomo. La sua missione è orientata soprattutto ai giovani, quelli che più di altri sono esposti a narrazioni deformanti della realtà e della dignità umana.

Una delle pellicole che è più fiera di avere portato in Italia, dopo i significativi successi anche di pubblico per Cristiada, GOD’S NOT DEAD 1 e 2, Una canzone per mio padre, è Unplanned, film made in USA che racconta la storia vera, e per ciò stesso non attaccabile, di una giovane manager in forze alla più grande industria degli aborti del continente Nord Americano, la Planned Parenthood.

Non pianificato ma sconvolgente

“Non pianificato” è la traduzione del titolo che la Dominus ha deciso e a ragion veduta di mantenere nella versione originale: sia perché è facile il richiamo al nome della grande catena di cliniche la cui mendace vocazione è la pianificazione parentale, sia perché sintetizza potentemente l’effetto che un evento particolare ha avuto sulla coscienza e a cascata su tutta la vita della protagonista, Abby Johnson.

La Planned Parenthood si presenta come un sistema consolidato e funzionale di aiuto alla genitorialità pianificata; un aiuto da esperti di settore a far realizzare alle donne l’obiettivo di avere un figlio solo quando lo si è deciso, pianificato, messo in conto. In questa ottica è tragicamente naturale pensare che un figlio concepito senza essere preventivato è un fuori programma che bisogna sospendere.

Articolo di Paola Belletti estratto da Aleteia 2/08/22

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Il Timone


Di Valerio Pece. In foto Federica Picchi

Unplanned, film sulla verità che fa sempre sold-out

Unplanned, film distribuito da Federica Picchi (fondatrice della Dominus Production), negli ultimi anni è stato lo strumento che più di ogni altro è riuscito a risvegliare le coscienze sul tema dell’aborto. Da alcuni mesi, poi, il film riempie puntualmente ogni sala in cui viene proiettato, mettendo in serio imbarazzo il mainstream progressista. Unplanned narra la storia (vera) di Abby Johnson, trentanovenne diventata accesa prolife dopo aver aperto gli occhi sull’operato della Planned Parenthood, la potente organizzazione abortista che le aveva affidato la direzione di una clinica nel Texas (premiandola, nel 2008, come «dipendente dell’anno»). Nel giorno della storica sentenza con cui la Corte Suprema americana annulla la sentenza Roe v. Wade (stabilendo che i singoli Stati saranno liberi di applicare le proprie leggi in materia di aborto) il Timone ha raggiunto Federica Picchi.

Ultimamente ogni volta che Unplanned viene proiettato è un sold-out. Come spiega questo fenomeno?

«La gente è molto interessata, dal sud al nord Italia c’è fame di sapere. Unplanned è il mezzo più diretto per scoperchiare il vaso di Pandora, per proiettare un fascio di luce nell’angolo più buio della storia dell’umanità. È qualcosa di più di un semplice film».

Che dicono gli esercenti di questo exploit?

«Per loro Unplanned è una vera boccata d’ossigeno. Dopo due anni in cui nessuno è più andato al cinema, il passaparola che puntualmente si crea intorno al film riesce a riempire le sale. Aggiungo che se in passato mi è capitato che alcuni cinema (in verità molto pochi) si opponessero alla proiezione, oggi ad Unplanned vengono srotolati i tappeti rossi e riservate le sale migliori».

Siamo curiosi: chi si è opposto in passato alla proiezione del film?

«Devo essere sincera, è successo con un paio di cinema gestiti da donne. Ebbene sì. Non volevano neanche sentir parlare dell’argomento. Una chiusura – l’ho saputo poi – derivata dal fatto che nella loro vita personale, entrambe erano passate da quella tremenda ferità. Un rifiuto del film dal significativo sapore freudiano».

Che direbbe oggi a quegli esercenti che ancora nutrono qualche resistenza?

«In realtà sono ormai pochissimi. In ogni caso direi loro che un film come Unplanned, cioè la storia vera di una donna, rappresenta davvero la cultura con la “c” maiuscola, cioè quel processo di apertura mentale che non bolla come “tabù” gli argomenti più scomodi, ma è anzi portato ad analizzarli, a studiarli. Non dico che i progressisti debbano pensarla tutti come gli antiabortisti Pasolini e Bobbio (che non sono però proprio gli ultimi arrivati), dico solo che nel 2022 un autentico progresso sociale impone che non sia più possibile lasciare inascoltato nessun dolore, specie se femminile».

Il cinema è poi un meraviglioso luogo di dialogo…

«Il cinema è perfetto per il confronto e per l’arricchimento reciproco. Anche quegli esercenti in passato un po’ dubbiosi hanno capito che il dibattito, l’apertura, il confronto è quello che in tutti sensi li fa vivere, oltre a costituire il vero spirito del cinema, inteso come moderna agorà. Con i tabù ci si chiude (e si chiude), con il dialogo e il confronto si cresce, ci si edifica e si prospera».

Pensa che questo ritorno di interesse per la difesa della vita derivi anche dal dibattito che sta accendendo gli USA riguardo all’abolizione della sentenza Roe v Wade?

«Certamente il dibattito negli USA e la storica sentenza di ieri contribuiranno ancora di più alla corsa del film. È come se anche gli italiani, risvegliandosi da un torpore decennale, dicessero: «Ma allora se ne può parlare, il tema non è più un tabù!». Se negli USA a guida democratica il dibattito sulla vita è all’ordine del giorno – in Tv, sui giornali, nelle strade, nelle scuole –, se i nove giudici della Corte Suprema americana hanno deciso che i singoli Stati, quindi i cittadini, sono liberi di applicare le loro leggi in materia (molte delle quali a difesa della vita), perché allora gli italiani dovrebbero continuare a rimuovere totalmente quello che è stato giustamente definito un “genocidio censurato?».

Le barricate alzate intorno alla Corte Suprema americana per garantirne la sicurezza, i disordini e le violenze che stanno accadendo per le strade non la spaventano?

«Assolutamente no! Servono, anzi, a mostrare al mondo la violenza del fondamentalismo ideologico. Esattamente come i Centri di aiuti alla Vita che in queste ore vengono incendiati dagli attivisti pro aborto americani, o le minacce fisiche nei confronti dei giudici della Corte Suprema. C’è un’avversione irrazionale verso la vita nascente del tutto emotiva, irrazionale, cieca. Se la stampa facesse il suo mestiere sarebbe tutto più chiaro, specie per le giovani generazioni…».

Alcune femministe hanno fatto molto rumore intorno alle proiezioni di questi giorni a Bergamo di Unplanned…

«Sulla scia di alcuni loro duri post sui social, gli esercenti, impauriti, erano addirittura pronti a sospendere le proiezioni. Non era giusto che per la violenza di poche persone dovesse saltare un momento formativo così importante. Ho invitato coloro che avevano già comprato il biglietto a rivolgersi all’esercente, non a me. In pochi minuti l’esercente è stato subissato da così tante richieste di spiegazioni che ha dovuto fare marcia indietro. Poi ovviamente ne è stato felice.».

È un episodio che dice molto.

«Sì, e mostra almeno due cose. Innanzitutto che i numeri sono dalla parte della maggioranza (di solito) silenziosa, e non della minoranza “microfonata” e iper-rappresentata dai media. Ma il piccolo aneddoto mostra soprattutto che dobbiamo avere più coraggio, smettendola di farci mettere i piedi in testa. Anche perché raccontare la realtà, chiamare le cose col loro nome è l’unico modo per ricostruire questa società».

Per ogni proiezione di Unplanned il collettivo di “Non una di meno” invoca disclaimer e contestualizzazioni, «perché», riporta il Corriere, «il film è una forma di disinformazione che fa male alle donne».

«Vogliono anche il contraltare ad ogni proiezione. Il bello è che io le ho invitate ma hanno sempre detto no. Aggiungo poi che non dicono mai in concreto in cosa il film distorcerebbe la realtà. Siccome sono cavillosissima, ho interpellato e fatto scrivere sul punto psicologi e ginecologi: tutti mi hanno confermato che la storia è tutta “da copione”, nel senso che ciò che si vede succede davvero nella realtà. Purtroppo. Può dare fastidio ma Unplanned è semplicemente un film-verità. È la storia vera di una donna, identica alla storia di dolore di moltissime altre donne. Certe intemperanti femministe dovrebbero prenderne atto, come dovrebbero prendere atto che ci sono molte donne che usano l’aborto come metodo anticoncezionale. Davvero va bene così?».

Ispirato ad Unplanned c’è anche un progetto scolastico.

«Sì, solo negli ultimi due mesi il film è stato visto in uno o due Istituti scolastici al giorno. È in perfetta linea con l’Agenda 2030, all’articolo 3, quello su “Salute e benessere”, e all’art. 5, quello sulla “Parità di genere”. Tutte le informazioni sono nella sezione “materiale scuole” del sito www.unplunned.it».

I feedback dei ragazzi?

«Dal Classico all’Artistico, sono innumerevoli, oltre che meravigliosi e commoventi. La storia di Abby Johnson li prende moltissimo. Il progetto è poi affiancato da personale competente: psicologi, psicoterapeuti. Ovvio che i ragazzi solitamente partono a testa bassa, fomentati da una narrazione a senso unico, ma una volta presi per mano e condotti fuori dalla banalizzazione dell’aborto, sono capaci di mettere insieme i puntini e di stupire fino alle lacrime. Basta spendere un po’ di tempo con loro, mostrargli che quella “è vita”, cosa che nessuno fa».

Prossime tappe di Unplanned?

«Il 28 a Seriate, ancora in provincia di Bergamo. Una mega sala da 500 persone è già quasi tutta piena. Poi il tour continuerà in Liguria, Piemonte e in altre regioni. L’incredibile e benedetta coincidenza con la splendida sentenza che arriva dagli USA ci incoraggia e ci conferma nella nostra missione culturale».

Articolo di Valerio Pece. In foto Federica Picchi – Il Timone 25/06/22

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Vatican News


Aborto: esce in Italia “Unplanned. La storia vera di Abby Johnson”

Questa sera alle 20.30 al cinema Adriano di Roma l’anteprima del film che ha scosso le coscienze. Per un caso fortuito la direttrice della clinica abortiva più importante degli Stati Uniti si trova ad assistere ad un’interruzione di gravidanza di un feto di 13 settimane e da lì comprende la grande menzogna nascosta dietro al “diritto” all’aborto

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

È ufficiale. Anche in Italia, senza sottotitoli, come nell’originale inglese, circolato per un po’ di tempo solo tra gli addetti ai lavori, si potrà vedere da oggi il film che ha riscosso un grandissimo successo oltreoceano ma che in molti Paesi ha avuto un’enorme difficoltà di diffusione incontrando ostacoli da ogni parte. Prodotto da Solideo gloriae distribuito da Pureflix negli Stati Uniti, “Unplanned. La storia vera di Abby Johnson”, tratto dall’altrettanto scomodo testo “Scartati. La mia via con l’aborto” (edito da Rubettino nel 2015), è stato già vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali.

Pensa che questo ritorno di interesse per la difesa della vita derivi anche dal dibattito che sta accendendo gli USA riguardo all’abolizione della sentenza Roe v Wade?

«Certamente il dibattito negli USA e la storica sentenza di ieri contribuiranno ancora di più alla corsa del film. È come se anche gli italiani, risvegliandosi da un torpore decennale, dicessero: «Ma allora se ne può parlare, il tema non è più un tabù!». Se negli USA a guida democratica il dibattito sulla vita è all’ordine del giorno – in Tv, sui giornali, nelle strade, nelle scuole –, se i nove giudici della Corte Suprema americana hanno deciso che i singoli Stati, quindi i cittadini, sono liberi di applicare le loro leggi in materia (molte delle quali a difesa della vita), perché allora gli italiani dovrebbero continuare a rimuovere totalmente quello che è stato giustamente definito un “genocidio censurato?».

La trama

Abby, la protagonista del film è una ragazza rampante che entra a far parte dell’organizzazione no-profit Planned Parenthood dedita alla promozione della “salute sessuale e riproduttiva delle donne”. In questa associazione, nel giro di poco tempo, dopo aver vinto il premio come dipendente dell’anno, scala i vertici assumendo importanti ruoli di responsabilità: in pochi anni diviene il più giovane direttore della storia. Abby ci crede, ci crede davvero, ma in realtà non sa in cosa crede. E’ convinta che il suo operato possa sostenere donne in difficoltà, possa realizzare un loro “diritto”, ma da dietro una scrivania, non si rende conto di ciò che accade realmente in quelle “stanze della morte”. Se ne accorgerà per caso, un giorno, sostituendo una sua collega: chiamata ad assistere ad un aborto, dalla parte di coloro che lo eseguono, vedrà infatti con i suoi occhi quello che succede.

Le sue certezze, le sue convinzioni, crollano all’improvviso scatto di un piedino che – racconta lei stessa – “cominciò a scalciare come se cercasse di respingere la sonda invasore. Quando la cannula cominciò a far pressione, il bambino iniziò a rivoltarsi e a contorcersi. Mi sembrava chiaro che il feto sentiva quella cannula, e che non gli piaceva affatto quello che stava provando. Poi la voce del medico ruppe il silenzio, facendomi trasalire. ‘Accendi, Scotty’, disse spensieratamente all’infermiera, ordinandole di attivare l’aspiratore… Per un brevissimo momento sembrava che il bambino venisse strappato, arrotolato e strizzato come uno straccio. Poi iniziò a scomparire dentro la cannula sotto ai miei occhi. L’ultima cosa che vidi fu la piccola spina dorsale perfettamente formata risucchiata nel tubo, e tutto scomparve. L’utero era vuoto, totalmente vuoto”.

Il cambio di rotta

E’ settembre del 2009: Abby Johnson oltre a lavorare con la Planned Parenthood, dirige la clinica di Bryan, nel Texas, dove vengono eseguiti ogni sabato dai venticinque ai trentacinque aborti in giornata. Ma quell’esperienza la segna per sempre e la sua vita cambia, all’insegna di una conversione umana e spirituale, che appare radicale. Stravolta, si rende conto che ciò in cui credeva e che sulla sua pelle aveva vissuto anni prima era mostruosità, una pratica applicata in modo scientifico e pianificata per fare soldi. Diventa così una delle principali sostenitrici e attiviste pro-life, ma insieme a questo cambio di rotta iniziano anche i problemi. Decide allora di raccontare al mondo questa storia per scuotere l’opinione pubblica e il film lo fa con quel realismo, crudo e doloroso, che solo il grande schermo riesce ad amplificare, fino a schiaffeggiare le coscienze.

“L’aborto – dirà poi in seguito Abby Johnson – è l’uccisione di una vita innocente nel grembo della propria madre, luogo in cui, grande paradosso, un bambino dovrebbe maggiormente essere custodito”. Dopo di lei in tanti hanno cambiato idea. In Italia, compito di diffondere il film è della Dominus Production di Federica Picchi. La prima nazionale sarà questa sera 8 luglio, alle 20.30, al Cinema Adriano, a Roma: poi, il 28 e 29 settembre in tutti le sale cinematografiche.

Articolo di Cecilia Seppia pubblicato da Vatican News 8/07/21

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Il Secolo XIX


Articolo di Sandra Coggio. In foto Federica Picchi

Il film Unplanned risveglia le coscienze. A lungo è stato un tema vietato

La sentenza della Corte Suprema Americana ha riportato l’attenzione su un tema da troppi considerato un dogma intoccabile.
Contemporaneamente in Italia viene presentato UNPLANNED, un film-testimonianza, sullo stesso argomento, che registra sold-out in ogni sala, abbiamo raggiunto la distributrice nazionale Federica Picchi (tra l’altro di origini spezzine, che avevamo già intervistato in occasione dell’uscita di un suo precedente film CRISTIADA).

Dott.ssa Picchi, il film UNPLANNED tratto da una storia vera, quella della ex-direttrice delle cliniche abortistiche più potenti in america, la Planned Parenthood, sembra aver scoperchiato un vaso di pandora, si aspettava un tale richiamo di pubblico su un argomento cosi delicato?

<<Ho scelto di acquistare, far doppiare e distribuire UNPLANNED in Italia perché, come tutti i miei precedenti film, mi interessa portare sul grande schermo storie vere che facciano riflettere e interroghino il pubblico. Le storie dei miei film hanno sempre riguardato accadimenti non banali, perché la vita non è mai banale. Con UNPLANNED – LA STORIA VERA DI ABBY JOHNSON la scelta è stata ancora più “azzardata”, perché quando ne ho acquistato i diritti per l’Italia sapevo che il tema rappresentava un tabù, ma la verità, per quanto scomoda e difficile, è sempre un dono ed è quindi un “dovere morale” poterla portare nelle sale a prescindere dalle proprie idee o punti di vista sul tema.>>

Gli accadimenti, soprattutto quelli americani, le stanno dando ragione. La Stampa italiana come ha accolto il film?

<<Su questo film hanno detto e scritto di tutto, quello che è certo è che è una storia vera, il film rispetta al 100% quello che è realmente accaduto. Ne sono a testimonianza la causa legale tra Abby Johnson e la Planned Parenthood. Anche il meraviglioso finale a sorpresa (che sembra proprio scritto per un film) è assolutamente reale. Infatti, come dico sempre, la realtà è spesso più fantasiosa della finzione e sicuramente molto più interessante.
Al di là delle opinioni è il pubblico che fa il successo di un film e ultimamente le sale che proiettano UNPLANNED sono letteralmente prese d’assalto. Seleziono e scelgo direttamente io dove proiettarlo perché desidero che dopo ogni proiezione ci sia un momento di dibattito che coinvolga capillarmente tutta la cittadinanza. Perché ritengo che questo non sia un semplice film, ma un occasione di riflessione collettiva, un modo per interrogare e risvegliare l’opinione pubblica su un tema importante quanto silenziato.>>

Tornando al dibattito USA, questa nuova sentenza come si rifletterà sul film, crede ne darà ulteriore vsibilità?

<<Più che leggere la situazione americana come volano per il film, credo si debba fare il ragionamento inverso, ovvero come il film – con la sua testimonianza di vita vera e cristallina, che non giudica, ma ha solo la forza del suo vissuto – riesca a spiegare quell’humus culturale che sta portando alla rinascita del dibattito in America. Ricordo che il film è ambientato in Texas e ha creato moltissimo scalpore in America, andando a colpire profondamente l’opinione pubblica e interrogare il legislatore sul tema.>>

Crede che la stessa cosa accadrà in Italia?

<<Dato il flusso di presenze che hanno registrato il sold-out in tutte le ultime proiezioni, peraltro in un periodo dove quasi nessuno va al cinema, direi proprio di si. Il film fa riflettere e colpisce nel profondo, per questo ho deciso di accompagnare ogni proiezione da un momento di condivisione e di dibattito.>>

Quando nella nostra città?

<<Spero presto. Il 29 Luglio presenterò il film al Teatro Ariston di Sanremo successivamente potrei fare anche tappa nella mia amata città natale (LA SPEZIA).>>

Estratto da Articolo di Sandra Coggio. In foto Federica Picchi – Il Secolo XIX 1/07/22

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Elle

Perché Unplanned, il film sull’aborto, è stato boicottato in Italia e negli Stati Uniti

-Dopo il Leone d’Oro a Venezia a L’evenement, al cinema è uscito un nuovo film che condanna l’interruzione di gravidanza raccontando una storia vera

Il tema dell’aborto è sempre e comunque molto delicato, ma il cinema ultimamente sembra sensibile a questo argomento che riguarda il mondo femminile a livello internazionale.
Dopo il Leone d’Oro a La Scelta di Anne – L’Evenement di Audrey Diwan, a fine Settembre è uscito nelle sale Unplanned, un film ispirato a una storia vera che racconta l’avventura di Abby Johnson, una giovane donna che ha lavorato per molti anni in una delle cliniche Planned Parenthood in Texas, aiutando donne di tutte le età nella dura decisione di porre fine alla gravidanza.

Diretto da Cary Solomon e Chuck Konzelman, Unplanned segue la carriera in ascesa di una dipendente determinata e dedita al proprio lavoro, nonostante la disapprovazione di amici e parenti. Abby è convinta di operare per il bene delle donne, per la loro libertà di scelta. Ma da semplice consulente, in breve tempo, si ritrova a dirigere la clinica che aggiorna alcune pratiche e protocolli, trattando con cinismo e avidità una pratica descritta come invasiva e disumana. Gli aborti producono denaro e gli interessi delle pazienti non sembrano sempre al primo posto.

Dagli Stati Uniti all’Italia sono girate voci su proteste e un boicottaggio dell’uscita nelle sale di Unplanned, visto l’argomento scomodo e la presa di posizione della produzione. Gruppi di attivisti avrebbero tentato di boicottare i cinema che ospitavano l’anteprima del film con mail e phone bombing, secondo quanto riporta il comunicato stampa ufficiale.

In America il film ha scosso gli animi, raggiungendo il quarto posto al box office, ma non può definirsi propriamente neutrale nell’esporre l’idea alla base della sceneggiatura. Si percepisce chiaramente una condanna all’aborto, o perlomeno al modus operandi di Planned Parenthood, questa potente organizzazione americana, proponendo allo spettatore diverse immagini disturbanti ed esplicite che evidenziano gli aspetti più brutali dei vari metodi adottati dal personale sanitario.

“Sono felice – ha affermato Federica Picchi, distributore italiano del film – di essere riuscita a portare Unplanned in Italia. I dati ci dicono che è già un successo. Non mi aspettavo diversamente dato che è una storia, autentica e toccante, raccontata in modo equilibrato, che gli italiani vogliono andare a vedere al cinema e conoscere nonostante il Covid e il green pass. Mi spiace, invece, constatare che, nonostante la fedeltà del film alla realtà dei fatti, la commissione censura del Ministero dei Beni Culturali abbia deciso di censurare la pellicola, applicando il divieto di visione ai minori di 14 anni. Parallelamente il Festival di Venezia celebra un film sullo stesso tema, ma dalla prospettiva opposta.

Sicuramente il cinema deve informare e ogni autore è libero di esporre il suo punto di vista su un determinato argomento, quindi la censura in questo caso è discutibile. Il pubblico è comunque libero di andare a vedere il film che preferisce, ma è anche vero che Unplanned a tratti ci va giù pesante e potrebbe ledere la sensibilità dei più giovani. Quindi è bene farlo vedere, ma qualche limite di età non è del tutto sbagliato.

Articolo di Letizia Rogolino pubblicato da Elle 13/10/21

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La Verità


La sentenza della Corte Suprema Americana e i sold-out dei cinema che proiettano UNPLANNED sembrano avere un unico filo conduttore, il disperato ritorno alla Verità.

Dottoressa Picchi lei sta distribuendo in Italia il film UNPLANNED, che ci porta dietro le quinte di una delle organizzazioni abortistiche più famose e potenti al mondo, come vive la recente sentenza della Corte Suprema Americana?

Per quanto io non ami il clamore mediatico, devo riconoscere che questa ricerca di verità da parte della corte Suprema americana, che ha riconosciuto con grande onestà intellettuale la non costituzionalità dell’aborto, ovvero la non sussistenza nella costituzione americana del diritto ad interrompere la vita di un essere umano, ha il pregio di riportare l’opinione pubblica su un tema troppo spesso catalogato – soprattutto dai media – come tabù.

… e lei con il film UNPLANNED lo sa bene.

SI. Le moderne tecnologie ci permettono di comprendere quanto sia falso continuare a definire “grumo di cellule” un piccolo corpo con tutte le funzionalità in essere. Tanto che questo piccolo corpo, quando avverte il pericolo di un elemento esterno dentro il suo spazio vitale, come ad esempio una cannula di aspirazione, inizia ad agitarsi e ne fugge. Eppure qualcuno si rifiuta di vedere, quindi di capire, e magari invoca la censura per questo film.

Eppure ultimanente le sale dove viene proiettato il film sono tutte sold-out. La cosa è ancora più eclatante se si considera il questo periodo in cui i cinema sono disertati. Di fatto UNPLANNED sta diventando il film che attira più spettatori in Italia.

SI solo ieri a Bergamo abbiamo dovuto aprire ben quattro sale e non sono bastate. Infatti riproporremo il film nei prossimi giorni , 28 Giugno, in provincia di Bergamo (a Seriate presso il cinema Gavazzeni alle ore 20.45) tanta è la domanda. Questo dimostra, ancora di più, quanta sia la sete di Verità e la voglia, anche dei più giovani, di confrontarsi senza paraocchi.

Questo dovrebbe essere l’obiettivo del cinema come luogo di cultura.

Si il cinema è il luogo della condivisione e dell’incontro. Con UNPLANNED Abby Johnson offre al pubblico la sua esperienza, mettendo a nudo anche le sue fragilità e momenti della sua vita di cui non va particolarmente orgogliosa. Lo fa per far riflettere, soprattutto i più giovani, su una delle finte libertà del nostro tempo che di fatto costringe le ragazze ad una solitudine fatta di ferite nel corpo e nell’anima. Per questo alle proiezioni di UNPLANNED sono tutti benvenuti, di qualsiasi credo o ideologia ed è per questo che le proiezioni di UNPLANNED si fanno sempre con un evento di presentazione e piccolo approfondimenti/dibattito finale. Questo film infatti, non è solo un film, ma è una testimonianza di vita che invita ad una riflessione che coinvolge l’intera umanità.

Tornando al dibattito USA, questa nuova sentenza come si rifletterà sul film?

La storica sentenza di ieri e soprattutto il dibattito che ne sta seguendo, certamente contribuiranno ancora di più alla corsa del film. E’ come se anche gli italiani si svegliassero dal torpore della paura e capissero che questo tema non è più un tabù ma se ne può, anzi se ne deve parlare. Ma più che leggere la situazione americana come volano per il film, credo si debba fare il ragionamento inverso, ovvero come il film – con la sua testimonianza di vita vera e cristallina, che non giudica, ma ha solo la forza del suo vissuto – riesca a spiegare quell’humus culturale che sta portando alla presa di coscienza e alla rinascita negli stati uniti. Questo vento di verità è inarrestabile e non sarà qualche strombazzamento mediatico a farlo sopire.

Estratto da Articolo di Silvana De Mari – La Verità 28/06/22

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Avvenire

Nel celebre teatro che ospita il Festival protagonista per una sera la pellicola che sta diventanto un fenomeno nelle sale italiane con la sua storia vera di un’ex dirigente di clinica per aborti

In foto Vescovo Ventimiglia-Sanremo, S.E.R. Mons. Antonio Suetta, Federica Picchi, volontari progetto “Giovani per i GIovani” UNPLANNED

Tutto esaurito al Teatro Ariston di Sanremo per la proiezione del film «Unplanned», storia vera di Abby Johnson, da dirigente della rete di cliniche americane per interruzioni di gravidanza Planned Parenthood ad attivista anti-aborto. Una pellicola che racconta un aspetto sinora taciuto della questione: il punto di vista di chi gli aborti li praticava (o, come in questo caso, li coordinava) ma poi ha preso coscienza della loro drammatica realtà, di ciò che sono e significano. Per questo suo effetto-verità, e per l’obiettiva qualità cinematografica del prodotto, il film (che per il contenuto impegnativo è visibile a chi ha più di 14 anni) è ormai un fenomeno nelle sale italiane dove viene proiettato in singoli eventi organizzati localmente, sempre affollati (e talora contestati, come accaduto a Pisa e a Bologna). In sala all’Ariston tra i 600 spettatori era presente anche il vescovo di Ventimiglia-Sanrermo Antonio Suetta.

«Una serata all’insegna della gioia – è il commento di Federica Picchi, alla guida dell’azienda che ha distribuito il film in Italia –. Unplanned, svelando la semplice verità delle cose, continua ad aprire i cuori di tutti coloro che si accostano alla storia». Tanti ragazzi nei giorni precedenti alla proiezione per le vie della città hanno invitato i loro coetanei al cinema». Alla proiezione hanno partecipato anche i vescovi delle diocesi vicine: Guglielmo Borghetti (Albenga-Imperia), Calogero Marino (Savona-Noli) e gli emeriti Vittorio Lupi (Savona-Noli) e Alberto Maria Careggio (Ventimiglia-Sanremo).

Articolo pubblicato da Avvenire 30/07/22

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Libero

La storia dell’abortista Abby Johnson che si convertì e lottò contro le interruzioni di gravidanza

MARCO RESPINTI

Un dramma profondo striscia attraverso il nostro tempo. L’aborto, che quasi sempre volge in tragedia, ma che ogni tanto propizia invece occasioni paradossali. Così è stato per Abby Johnson, 41 annifra pochi giorni, figlia nel Texas ruvido e incantatore, diplomata in Psicologia e in «Counseling» (qualsiasi cosa sia), una delle molte giovani per cui l’aborto è una catastrofe accettabile. Lei stessa ne ha vissuti due sulla propria pelle. A 21 anni prese a fare la volontaria per la Planned Parenthood, la più potente multinazionale dell’aborto del mondo, e lì si radicalizzò. Da tot di vittime collaterali da mettere nel conto, per lei l’interruzione volontaria della gravidanza divenne una missione e un mestiere: accompagnare le mamme lasciate troppo spesso sole davanti all’aborto e convincere quelle che eventualmenteall’ultimominuto tentennassero, buono qui il diplomain «Counseling». Lofaceva da vera stacanovista, tanto da guadagnarci, nel 2008, la palma di «impiegata dell’anno», poi addirittura la direzione di una intera clinica.

CAMBIO DI ROTTA

Ma allafine del settembre 2009 gli ultrasuoni le mostrarono lo spettacolo che aveva sempre orchestrato ma mai veduto: l’aborto per suzione di un feto di 13 settimane. In seguito ricorderà che nel volto di quella tragedia ancora nel ventre della suamamma quelgiornole sembrò di vedere il volto della propria bambina che l’aspettava a casa. Chi avrebbe pensato che la tecnologia moderna potesse rendere possibili miracoli come ammirare i tratti di un bimbo non ancora nato? Fu quello, magia inattesa della tecnica,l’istante precisoincuiAbby voltò pagina. Nove giorni dopo, il 6 ottobre, si dimise, cambiò vita, poi divenne persino cattolica. Sembra una fiaba e sì, lo è, vera. Qui però mi fermo perché a continuare ci pensa un film, Unplanned. Scritto e diretto da Cary Solomon e Chuck Konzelman, è uscito due anni fa negli Stati Uniti, tratto dal libro omonimo che nel 2010fu pubblicato sotto gli auspici di «Focus on the Family», una delle realtà storiche del mondo pro life americano. Quando, venerdì 29 marzo 2019, venne proiettatoin 1059 sale americane,incassò 3 milioni di dollari, che nel week-end divennero più del doppio e più di quanto la pellicola fosse costata. Unplanned venne marchiato «inadatto agli adolescenti» (anche se agli adolescenti è permesso l’aborto), criticato, censurato, vilipeso e bistrattato. Giusto così. Unplanned, infatti, mica è acqua fresca. Alzandosi dalla poltroncina del cinema dopoaverlo veduto,AlvedaKing, nipote dell’emblema dei diritti civili, Marthin Luther King Jr., disse cheilfilm «racconta laforza della testimonianza della vita». Giudizioicasticamenteinsuperabile, il suo, almeno quanto il nome del libro e della pellicola, da Oscar al titolista, che racconta la tragedia delle gravidanze non pianificate, che sublimala sorpresa inarrivabile di una novità che sconvolge per bene la vita, che, in maniera intraducibile, rivolta come un calzino la Planned Parenthood. Tradotto in diverse lingue, adessoilfilm è arrivatofinalmente anche in italiano. Rallentato a lungo dal CoViD-19, Unplanned è sbarcato in anteprima ieri sera al Cinema Adriano di Roma. Dal 28 settembre verrà distribuito regolarmente.

NIENTE FRONZOLI

È un’altra bella operazione messa a segno dalla Dominus Production di Federica Picchi (che ha già portatoin Italiail cinema alternativo di Cristiada e di God’s Not Dead). Va visto per quanto è diretto e senza fronzoli. L’attrice Ashley Bratcher impersonifica bene la non esattamente facile Abby Johnson, ma la pellicola vale soprattutto perché è inquietante. Non importa come uno la pensi sull’aborto, nessuno può restare indifferente né al suo shock né alla libertà impagabile di nuotare controcorrente come hafatto efa l’ex pasionaria della Planned Parenthood. Sì, la vicenda è diventata la sfida fra volontà contrapposte, la Planned Parenthoodle ha provate tutte per squalificarla e ovviamente ci si è tuffata anche la politica. Lo spettatore però se ne infischi. Prenda coraggio, acquisti il biglietto e guardi diritto l’abisso e l’estasi, il baratro e la speranza, la morte e la vita. Uscirà dalla sala frastornato, ed è quanto di più bello gli si possa augurare.

Articolo di Marco Respinti pubblicato da Libero 9/07/21

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Corriere della Sera

Il caso Unplanned: “Cultura è confrontare idee diverse”

Gentile direttore,

ringrazio per l’attenzione mediatica riservata al film UNPLANNED – LA STORIA VERA DI ABBY JOHNSON di cui ho curato il doppiaggio e di cui sono distributore ufficiale per l’Italia. Credo che questo film, richiesto da vari mesi da un grande numero bergamaschi, tra cui alcuni clienti del cinema Capitol, simboleggi la vera Cultura. Ovvero quel processo di apertura mentale, tanto caro al progressismo, che non bolla come “tabù” gli argomenti più scomodi, ma anzi li vuole analizzare e sviscerare perché nessun dolore o fragilità umana, soprattutto se femminile, come di qualsiasi altro individuo, possa essere inascoltata.

La proiezione del film, tratto da una storia vera, è sempre stata un’ottima occasione di ritrovo, unione e confronto per realtà anche molto differenti, che civilmente e costruttivamente hanno desiderato esprimere un loro pensiero, anche partendo da punti di vista diametralmente opposti.

Questa credo sia l’essenza della cultura, ovvero l’incontro di diverse posizioni che si arricchiscono nel dialogo. Altrimenti non è cultura, ma dittatura; non è incontro ma scontro; non è accoglienza, ma violenza. Sono sicura che i giovani siano aperti e non chiusi. Io do il benvenuto ad ognuno di loro, di ogni cultura, idea o credo, a confrontarsi insieme in un meraviglioso luogo di aggregazione quale è il cinema, pensato per unire e non dividere.

Grazie per l’attenzione. Federica Picchi

Estratto dall’articolo de Il Corriere della Sera – Bergamo 23/06/22

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