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Autore: unplanned

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Prossime Proiezioni

PROSSIME PROIEZIONI:

TRAMA: Unplanned narra la storia (vera) di Abby Johnson, una ex-dipendente dell’organizzazione di cliniche mediche piú potenti al mondo, la Planned Parenthood. Il suo lavoro e la sua carriera procedevano a gonfie vele, finché un giorno scopre una realtà diversa da quanto immaginava…

Roma – Cinema Adriano

  • Sabato
  • 18:00
  • 20:30
  • 21:30
  • Piazza Cavour, 22, 00193 Roma RM

20

MAG

Baselga di Piné – Cinema Centro Congressi Pinè 1000

  • Sabato
  • 16:30
  • 20:30
  • SP83, 109, 38042 Baselga di Piné TN

27

MAG

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Dove vedere il film

DOVE VEDERE IL FILM

Dal 1 Maggio riprendono le proiezioni pubbliche del film UNPLANNED in tutte le provincie italiane che ne faranno richiesta. Per prenotazioni e informazioni scrivere a info@unplanned.it oppure chiamare lo 055 0468068 (lunedi-venerdi 8.00-18.00)

PROGRAMMAZIONE

Gli orari e i giorni di proiezione di seguito indicati sono indicativi e potrebbero subire variazioni a discrezione delle sale cinematografiche, prima di recarsi in sala si prega di controllare la programmazione direttamente con il cinema.

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Padova


Cinema Teatro Marconi
Via S. Pio X, 1, 35031 Abano Terme PD

9 Ottobre ore 18:00 e 21:00

10 Ottobre ore 17:30 e 20:30

Spino d’Adda


Cinema Vittoria

Viale Della Vittoria, 6, 26016 Spino d’Adda CR

2 Dicembre ore 21:00

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Frequently Asked Questions

Qui è dove troverai la maggior parte delle risposte. Se dovessero esserci ancora delle domande, non esitare a contattarci.

PROGRAMMAZIONE

  • Dove posso vedere il film?

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  • Quando uscirà al cinema nella mia città?

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DVD

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INTERNATIONAL FAMILY NEWS 

Molti lo hanno visto, moltissimi lo vedranno e rivedranno. Perché da una storia così non puoi sottrarti. E non puoi smettere di pensarci

Finalmente arriva anche nelle sale italiane Unplanned, un film che nessuno può perdere. Pubblicata il 3 aprile 2019 su La nuova Bussola Quotidiana, la recensione che segue ‒ del direttore, il quale vide il film in anteprima al termine del Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona, nel 2019 ‒ conserva ancora utilità. Intanto si possono acquistare i biglietti per la proiezione.

Calano le luci. Immagini di amena vita familiare. Poi, a pochi quadri dall’inizio, il pugno arriva diritto nello stomaco. Assisti a un aborto. Ricreato per il cinema, lo sai, ma in quel momento lo dimentichi apposta, hai già sospeso la tua incredulità, sei totalmente dentro, sei là dove e mentre sta accadendo. Ti dimeni sulla poltroncina, incapace di resistere. Vorresti strapparti le vesti, vuoi vomitare. Boccheggi, ti manca l’aria, pensi di mandare tutti alla malora e scappare lontano. La testa ti gira. Lo odi quel film, lo maledici, specie il momento in cui hai deciso di entrare in sala. Chiudi orecchi e occhi, non vuoi sapere nulla, niente di niente, risvegliarti dall’incubo a mille miglia di distanza. Senti invece le immagini scenderti nella carne, entrarti dentro. “Basta!”, sbotti dentro di te, e quasi lo dici ad alta voce. Vuoi accendere la luce, uscire dal tunnel, liberarti dagli spettri. Sì, è proprio un film adatto a tutti nonostante la censura, un film da far vedere a tutti.

Si intitola Unplanned ed è la cosa peggiore del mondo. Tratto dal libro omonimo del 2011, è la storia vera e nota di Abby Johnson, che oggi ha 39 anni. Quando ne aveva 29 ha visto un aborto monitorato agli ultrasuoni. Cercando il modo migliore per tradurre questa espressione dall’inglese, mi imbatto in una fantastica geremiade della NARAL Pro-Choice America, una delle costole storiche della lobby abortista statunitense: «Costringere una paziente a sottoporsi a una procedura medicalmente non necessaria non è etico ed è avvilente, ma questo è esattamente ciò che le leggi sull’ecografia obbligatoria impongono alle donne che chiedono interventi abortivi». L’originale, ipocrita, falso e infingardo, dice «abortion care», un ossimoro per «cura abortiva». Prosegue: «Per la maggior parte delle donne che cercano abortion care, l’ecografia non è necessaria dal punto di vista medico. Tuttavia, diversi Stati del Paese impongono ai medici di fare l’ecografia prima di eseguire un aborto. Alcuni di questi Stati costringono anche le donne a visualizzare gli ultrasuoni o ad ascoltare il battito cardiaco, anche se la donna vi si oppone con decisione». A parte la ricostruzione caricaturale della faccenda, il punto è che agli abortisti fa scandalo che una donna possa vedere e sentire il figlio che sta per sopprimere. Il NARAL lo dice apertamente: «Le leggi sull’obbligatorietà degli ultrasuoni non hanno giustificazione medica e sono pensate dai politici anti-choice solo per intimidire, far vergognare e molestare le donne che vogliono l’aborto». Qui la ricostruzione caricaturale si fa grottesca, ma il punto è detto con chiarezza (in mezzo c’è un passaggio ridicolo: «Vale la pena notare che, per ragioni di sicurezza, l’American College of Obstetricians and Gynecologists raccomanda che gli ultrasuoni vengano eseguiti solo per scopi medici da un operatore sanitario qualificato». Ragioni di sicurezza mentre si sta letteralmente disintegrando una vita umana?).

C’era una volta Bernard Nathanson (1926-2011), il medico che truccò le carte dell’aborto clandestino e che si vantava di essere stato responsabile di 75mila aborti. Poi venne l’ecografia e a Nathanson cadde la mascella. Si convertì (alla fine anche al cattolicesimo) e divenne un eroe pro-life con pochi eguali anche realizzando lo scioccante documentario L’urlo silenzioso, che un altro eroe, donna, convertita cattolica pure lei, Faith Whittlesay (1939-2018), regalò in videocassetta a ciascuno dei parlamentari americani.

Anche Abby Johnson è stata folgorata dagli ultrasuoni. Di aborti ne aveva avuti lei stessa, due. Aveva patito fisicamente le pene dell’inferno, ma non aveva mai visto cosa succede fisicamente a un bambino nel ventre di sua madre quando viene annientato per suzione. Un giorno, per caso, ma il caso non esiste, fu chiamata in sala operatoria. Svolgeva mansioni amministrative, aveva fatto carriera: da hostess on the road, di quelle che si prendono “cura” delle abortende per sottrarle ai pro lifer che cercano di dissuaderle, a dirigente di una clinica della Planned Parenthood. Ma un aborto in diretta non lo aveva ancora mai visto, benché alle turpitudini non fosse certo nuova. Fu allora che piantò tutto.

La sua conversione è stata la notizia peggiore che la Planned Parenthood abbia mai avuto. Perché ovviamente poi Abby Johnson non se n’è rimasta zitta. Ecco, Unplanned è il film della sua storia. Unplanned è la cosa più cruda che possiate vedere. La cosa più greve. E pure la più grave. Uno scannatoio ributtante. Ma ad Unplanned non si può sfuggire: perché racconta esattamente quanto accade tutti i giorni, da decenni, in migliaia di luoghi del mondo.

L’attrice Ashley Bratcher interpreta Abby alla perfezione ed Abby ha approvato la sceneggiatura. Diretto da Chuck Konzelman e Cary Solomon, il film è costato 6 milioni dollari alla Pure Flix e le sue riprese si sono svolte in segreto. Quando lo vedrete, capirete perché. Unplanned ha un vantaggio enorme. È fatto benissimo, roba da grandi major. Nei 110 “interminabili” minuti della sua cavalcata sciorina scene da fare accapponare la pelle per lo sdegno e per la compassione.

Venerdì 29 marzo [2019] è uscito in 1059 sale americane e ha incassato 3 milioni di dollari. Nei due giorni seguenti è salito a 6,4 milioni, più di quello che è costato, piazzandosi al quarto posto delle vendite del week end nel momento del trionfo di Dumbo. La Motion Picture Association of America, quella che dà le patenti ai film, lo ha marchiato “R”: con meno di 17 anni va visto solo se accompagnati. Però gli aborti si possono anche se più giovani. Quindi, mentre Unplanned sbancava, Twitter ne sospendeva l’account. Per un errore, dicono. Poi l’hanno riconnesso: ovvio, s’è sollevato mezzo mondo, e tra i fan della pellicola ci sono anche Donald J. Trump e il suo vice Mike Pence.

L’ho visto in anteprima privata in margine al Congresso mondiale delle famiglie. Arriverà anche in Italia. Andremo tutti a vederlo, e soffriremo, piangeremo, urleremo, picchieremo i pugni, ma sarà fondamentale farlo vedere a chi l’aborto lo predica e lo pratica. Perché Unplanned cambia davvero la vita. Si raccolgono idee su come convincere gli abortisti a vedere questo piccolo, grande capolavoro che amiamo e odiamo allo stesso tempo.

Articolo di Massimo Iondini pubblicato da International Family News 19/06/21

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Il Sussidiario

Unplanned. La storia vera di Abby Johnson/ Il film sul doppio orrore dell’aborto

Il film diffuso dalla Dominus Production racconta la vera storia di un’attivista pro aborto che si scontra con la dura realtà nascosta dietro la patina di un diritto

Non sono le cifre a produrre sconcerto. Una strage silenziosa, purché lontana dagli occhi e dal cuore, non fa vibrare alcuna corda emotiva, non provoca allarme, dolore, domande… L’aborto non è un tema che accende scintille di sdegno, molti teorizzano che non sia utile contrastarlo creando contrapposizioni “ideologiche”, per cui un rilevante numero di vittime – solo dal 1978 al 2015 se ne calcolano 5 milioni e mezzo – sono abbandonate alla generale dimenticanza, rimosse dalla consapevolezza collettiva.

Ultimamente persino veder connotata la soppressione di un essere umano con l’esercizio di un diritto inalienabile, un “diritto umano”, secondo la recente definizione introdotta dal Parlamento europeo, non ha prodotto significative reazioni nell’opinione pubblica. Sembra che la distanza fra l’idea e il dato reale sia una distanza abissale: il positivismo pratico di cui siamo permeati per cui se non tocco e non vedo un fatto non ne considero neppure l’esistenza sembra attutire e annebbiare la nostra percezione dei fenomeni fino a eliminarne ogni provocazione.

Solo una sferzata di realismo, l’occasione cioè di “vedere” che cosa succede quando una vita concepita viene stroncata brutalmente, può essere dirompente, in grado di suscitare un sussulto autentico, irrefrenabile: così documenta il film Unplanned. La storia vera di Abby Johnson, proiettato in anteprima a Roma lo scorso 8 luglio nella sala del Cinema Adriano stracolma, che ha riscosso enorme interesse. La vicenda mette in primo piano il cambiamento radicale della protagonista, una donna di successo attivista pro aborto giunta alla direzione della clinica abortiva più importante degli Stati Uniti, che casualmente si trova ad assistere all’interruzione di gravidanza di un feto di 13 settimane.

Le immagini nitide sul monitor dell’ecografo, il piedino che scalcia, il tentativo disperato di fuga del piccolo essere condannato a morte, braccato da un’esecuzione brutale che si consuma in pochi istanti di terrore prima che venga risucchiato dalla sonda e stritolato senza pietà… sono le immagini che non si cancelleranno più dalla sua mente. Sono le immagini di un orrore – realmente percepito e riproposto al pubblico – che restituiscono veri contorni a una realtà solitamente ammantata di illusorie conquiste di libertà.

Proprio il divario fra il dato reale e la sua mistificazione sembra suggerire il primo passo per un totale cambiamento di prospettiva: Abby apre gli occhi assistendo in diretta a un aborto, solo così si rende conto di quale diritto sia realmente in gioco e come venga pianificata e propagandata una prassi disumana con lo scopo di incrementare il business. “L’aborto – così si è espressa Abby Johnson – è l’uccisione di una vita innocente nel grembo della propria madre, luogo in cui, grande paradosso, un bambino dovrebbe maggiormente essere custodito”: il rivelarsi di questa verità inoppugnabile ha generato una conversione profonda nella sua mentalità e nel suo impegno sociale tanto da indurla rendere pubblica la sua storia.

Il grande pregio del film, diffuso dalla Dominus Production di Federica Picchi, che sarà nelle sale cinematografiche il 28 e 29 settembre, è di aver riaperto un dibattito risvegliando la coscienza su una “scelta” che ha implicazioni drammatiche, oggi per lo più taciute e censurate. E potrebbe forse prospettare l’occasione per uscire dal terreno ideologico lasciando spazio a un vissuto da indagare anche negli effetti più sfuggenti e difficilmente calcolabili. L’aborto è una ferita che spezza l’alleanza originaria del rapporto fra madre e figlio e il tal senso rappresenta la lacerazione più radicale, l’origine più profonda di un malessere crescente in contesti oggi sempre più permeati da solitudine, indifferenza, smarrimento. Il tradimento di un legame, che riguarda il concepimento stesso della relazione, insinua uno sfaldamento di quella propensione a riconoscere l’altro nella sua alterità che è alla base della convivenza umana.

Articolo di Laura D’Incalci pubblicato da Il Sussidario 28/09/21

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Avvenire – Unplanned

Massimo Iondini martedì 28 settembre 2021

Oggi e domani nelle sale italiane arriva la pellicola che ha fatto scandalo negli Stati Uniti, denunciando il maggiore “abortificio” del Paese ispirandosi alla storia vera di una sua ex dirigente

Dopo una serie di seguitissime anteprime in alcune delle principali città italiane, da Bologna a Milano, da Torino a Genova a Roma (lo scorso 22 settembre), oggi e domani il film che due anni fa ha scosso gli Stati Uniti raccogliendo al suo debutto ben 6,4 milioni di dollari al botteghino e il quarto posto al box office (benché boicottato da larga parte dei mass media e dalla grande distruzione cinematografica), esce finalmente nelle sale italiane.

Si tratta di Unplanned, tratto dalla storia vera di Abby Johnson (libro pubblicato in Italia da Rubbettino con il titolo Scartati – La mia vita contro l’aborto, ora in procinto di essere ripubblicato dalla casa editrice), una ex dipendente e dirigente di Planned Parenthood poi diventata attivista pro-life. Planned Parenthood, letteralmente “genitorialità pianificata”, è la più importante azienda che procura aborti negli Stati Uniti, ramificata in mezzo mondo. Abby Johnson vi era entrata perché animata da propositi socio-educativi, per aiutare perlopiù giovani donne in difficoltà, alle prese con una gravidanza indesiderata. Situazione nella quale lei stessa era stata coinvolta ben due volte, avendo infine fatto ricorso alla interruzione di gravidanza.

Il film, girato da Cary Solomon e Chuck Konzelman, vede la partecipazione nei ruoli principali di Ashley Bratcher (Aby Johnson), Brooks Ryan, Robia Scott ed è distribuito in Italia da Federica Picchi. «Unplanned è un film vero, forte, commovente – spiega l’imprenditrice fondatrice della Dominus Production -. Racconta una storia vera e, come tale, unica, che abbraccia punti di vista diversi e favorisce una grande apertura mentale. Sono felice di poter portare in Italia un film capace di rompere una cornice di fastidioso silenzio su un argomento di così vitale importanza. Ci aspettiamo un grande risultato di pubblico: nel mese di luglio abbiamo realizzato una serie di preview e i dati di affluenza Cinetel nelle recenti serate di anteprima, ci indicavano come il film con più alto numero di spettatori per sala».

In Italia Unplanned esce con il divieto di visione ai minori di 14 anni. «Una cosa sbalorditiva è la motivazione della commissione censura – spiega Federica Picchi –, che giustifica la restrizione parlando di scene scientificamente non verosimili. Ho fatto subito ricorso, e ne attendo l’esito, perché se c’è un film che mostra la realtà anche scientifica dei fatti è proprio Unplanned. Ho anche fatto visionare da medici esperti le scene in cui si mostrano i momenti drammatici e cruenti di un aborto indotto e di un aborto chimico e ho avuto conferma della loro piena autenticità. Altro che scientificamente non verosimili. Anzi, credo che sarebbe molto importante portare prossimamente questo film anche nelle scuole».

Articolo di Massimo Iondini pubblicato da Avvenire 28/09/21

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Radio Maria

Unplanned, film sulla verità dell’aborto che fa sempre sold-out

Unplanned, film distribuito da Federica Picchi (fondatrice della Dominus Production), negli ultimi anni è stato lo strumento che più di ogni altro è riuscito a risvegliare le coscienze sul tema dell’aborto. Da alcuni mesi, poi, il film riempie puntualmente ogni sala in cui viene proiettato, mettendo in serio imbarazzo il mainstream progressista. Unplanned narra la storia (vera) di Abby Johnson, trentanovenne diventata accesa prolife dopo aver aperto gli occhi sull’operato della Planned Parenthood, la potente organizzazione abortista che le aveva affidato la direzione di una clinica nel Texas (premiandola, nel 2008, come «dipendente dell’anno»). Nel giorno della storica sentenza con cui la Corte Suprema americana annulla la sentenza Roe v. Wade (stabilendo che i singoli Stati saranno liberi di applicare le proprie leggi in materia di aborto) il Timone ha raggiunto Federica Picchi.

Di: Valerio Pece – TEMPI Data di pubblicazione: 25 Giugno 2022

Ultimamente ogni volta che Unplanned viene proiettato è un sold-out. Come spiega questo fenomeno?

«La gente è molto interessata, dal sud al nord Italia c’è fame di sapere. Unplanned è il mezzo più diretto per scoperchiare il vaso di Pandora, per proiettare un fascio di luce nell’angolo più buio della storia dell’umanità. È qualcosa di più di un semplice film».

Che dicono gli esercenti di questo exploit

«Per loro Unplanned è una vera boccata d’ossigeno. Dopo due anni in cui nessuno è più andato al cinema, il passaparola che puntualmente si crea intorno al film riesce a riempire le sale. Aggiungo che se in passato mi è capitato che alcuni cinema (in verità molto pochi) si opponessero alla proiezione, oggi ad Unplanned vengono srotolati i tappeti rossi e riservate le sale migliori».

Siamo curiosi: chi si è opposto in passato alla proiezione del film?

«Devo essere sincera, è successo con un paio di cinema gestiti da donne. Ebbene sì. Non volevano neanche sentir parlare dell’argomento. Una chiusura – l’ho saputo poi – derivata dal fatto che nella loro vita personale, entrambe erano passate da quella tremenda ferità. Un rifiuto del film dal significativo sapore freudiano».

Che direbbe oggi a quegli esercenti che ancora nutrono qualche resistenza?

«In realtà sono ormai pochissimi. In ogni caso direi loro che un film come Unplanned, cioè la storia vera di una donna, rappresenta davvero la cultura con la “c” maiuscola, cioè quel processo di apertura mentale che non bolla come “tabù” gli argomenti più scomodi, ma è anzi portato ad analizzarli, a studiarli. Non dico che i progressisti debbano pensarla tutti come gli antiabortisti Pasolini e Bobbio (che non sono però proprio gli ultimi arrivati), dico solo che nel 2022 un autentico progresso sociale impone che non sia più possibile lasciare inascoltato nessun dolore, specie se femminile».

Il cinema è poi un meraviglioso luogo di dialogo…

«Il cinema è perfetto per il confronto e per l’arricchimento reciproco. Anche quegli esercenti in passato un po’ dubbiosi hanno capito che il dibattito, l’apertura, il confronto è quello che in tutti sensi li fa vivere, oltre a costituire il vero spirito del cinema, inteso come moderna agorà. Con i tabù ci si chiude (e si chiude), con il dialogo e il confronto si cresce, ci si edifica e si prospera».

Pensa che questo ritorno di interesse per la difesa della vita derivi anche dal dibattito che sta accendendo gli USA riguardo all’abolizione della sentenza Roe v Wade?

«Certamente il dibattito negli USA e la storica sentenza di ieri contribuiranno ancora di più alla corsa del film. È come se anche gli italiani, risvegliandosi da un torpore decennale, dicessero: «Ma allora se ne può parlare, il tema non è più un tabù!». Se negli USA a guida democratica il dibattito sulla vita è all’ordine del giorno – in Tv, sui giornali, nelle strade, nelle scuole –, se i nove giudici della Corte Suprema americana hanno deciso che i singoli Stati, quindi i cittadini, sono liberi di applicare le loro leggi in materia (molte delle quali a difesa della vita), perché allora gli italiani dovrebbero continuare a rimuovere totalmente quello che è stato giustamente definito un “genocidio censurato?».

Le barricate alzate intorno alla Corte Suprema americana per garantirne la sicurezza, i disordini e le violenze che stanno accadendo per le strade non la spaventano?

«Assolutamente no! Servono, anzi, a mostrare al mondo la violenza del fondamentalismo ideologico. Esattamente come i Centri di aiuti alla Vita che in queste ore vengono incendiati dagli attivisti pro aborto americani, o le minacce fisiche nei confronti dei giudici della Corte Suprema. C’è un’avversione irrazionale verso la vita nascente del tutto emotiva, irrazionale, cieca. Se la stampa facesse il suo mestiere sarebbe tutto più chiaro, specie per le giovani generazioni…».

Alcune femministe hanno fatto molto rumore intorno alle proiezioni di questi giorni a Bergamo di Unplanned…

«Sulla scia di alcuni loro duri post sui social, gli esercenti, impauriti, erano addirittura pronti a sospendere le proiezioni. Non era giusto che per la violenza di poche persone dovesse saltare un momento formativo così importante. Ho invitato coloro che avevano già comprato il biglietto a rivolgersi all’esercente, non a me. In pochi minuti l’esercente è stato subissato da così tante richieste di spiegazioni che ha dovuto fare marcia indietro. Poi ovviamente ne è stato felice.».

È un episodio che dice molto.

«Sì, e mostra almeno due cose. Innanzitutto che i numeri sono dalla parte della maggioranza (di solito) silenziosa, e non della minoranza “microfonata” e iper-rappresentata dai media. Ma il piccolo aneddoto mostra soprattutto che dobbiamo avere più coraggio, smettendola di farci mettere i piedi in testa. Anche perché raccontare la realtà, chiamare le cose col loro nome è l’unico modo per ricostruire questa società».

Per ogni proiezione di Unplanned il collettivo di “Non una di meno” invoca disclaimer e contestualizzazioni, «perché», riporta il Corriere, «il film è una forma di disinformazione che fa male alle donne».

«Vogliono anche il contraltare ad ogni proiezione. Il bello è che io le ho invitate ma hanno sempre detto no. Aggiungo poi che non dicono mai in concreto in cosa il film distorcerebbe la realtà. Siccome sono cavillosissima, ho interpellato e fatto scrivere sul punto psicologi e ginecologi: tutti mi hanno confermato che la storia è tutta “da copione”, nel senso che ciò che si vede succede davvero nella realtà. Purtroppo. Può dare fastidio ma Unplanned è semplicemente un film-verità. È la storia vera di una donna, identica alla storia di dolore di moltissime altre donne. Certe intemperanti femministe dovrebbero prenderne atto, come dovrebbero prendere atto che ci sono molte donne che usano l’aborto come metodo anticoncezionale. Davvero va bene così?».

Ispirato ad Unplanned c’è anche un progetto scolastico.

«Sì, solo negli ultimi due mesi il film è stato visto in uno o due Istituti scolastici al giorno. È in perfetta linea con l’Agenda 2030, all’articolo 3, quello su “Salute e benessere”, e all’art. 5, quello sulla “Parità di genere”. Tutte le informazioni sono nella sezione “materiale scuole” del sito www.unplunned.it».

I feedback dei ragazzi?

«Dal Classico all’Artistico, sono innumerevoli, oltre che meravigliosi e commoventi. La storia di Abby Johnson li prende moltissimo. Il progetto è poi affiancato da personale competente: psicologi, psicoterapeuti. Ovvio che i ragazzi solitamente partono a testa bassa, fomentati da una narrazione a senso unico, ma una volta presi per mano e condotti fuori dalla banalizzazione dell’aborto, sono capaci di mettere insieme i puntini e di stupire fino alle lacrime. Basta spendere un po’ di tempo con loro, mostrargli che quella “è vita”, cosa che nessuno fa».

Prossime tappe di Unplanned?

«Il 28 a Seriate, ancora in provincia di Bergamo. Una mega sala da 500 persone è già quasi tutta piena. Poi il tour continuerà in Liguria, Piemonte e in altre regioni. L’incredibile e benedetta coincidenza con la splendida sentenza che arriva dagli USA ci incoraggia e ci conferma nella nostra missione culturale».

Articolo tratto da Radio Maria

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Maremma News

Unplanned, il film acclamato dalla critica è arrivato a Grosseto

Ieri sera al multisala del centro commerciale Aurelia Antica è stato proiettato il film, acclamato dalla critica, Unplanned – La storia vera di Abby Johnson (2019). Distribuito da Federica Picchi Roncali e diretto da Cary Solomon e Chuck Konzelman, interroga profondamente la coscienza di ogni essere umano.

Grosseto: La pellicola racconta la vicenda di Abby Jhonson, una ex-dipendente della più grande organizzazione di cliniche mediche al mondo, la Planned Parenthood. La dedizione per il suo lavoro le permette di fare una rapida carriera, ottenendo la direzione della principale clinica del Texas (Planned Parenthood nel 2008 premiò Abby come «dipendente dell’anno»). Tutto procede a gonfie vele quando, a causa di un’improvvisa carenza di personale, Abby si trova a coadiuvare un medico nella pratica che lei stessa aveva consigliato alle altre donne per diversi anni. Quello che vede le cambia la vita per sempre, dandole la forza e il coraggio per intraprendere una delle battaglie più importanti di tutti i tempi.

Il film viene proiettato in Italia con eventi che coinvolgono il tessuto istituzionale e associativo territoriale. È stata la docente Maria Cristina Rampiconi a contattare Federica Picchi per portarlo a Grosseto ed è andato quasi subito sold out, come nelle altre città d’Italia.

“Unplanned è un film vero, forte, emozionante – ha dichiarato Federica Picchi – è una storia unica che abbraccia punti di vista e favorisce una grande apertura mentale. Siamo felici che anche questa volta abbia riscosso un grandissimo successo ma ci dispiace che alcune associazioni siano rimaste escluse dalla sua visione. Ci stiamo mobilitando per organizzare una seconda proiezione a Grosseto.”

“Ringrazio gli organizzatori e Federica Picchi per aver portato questo film in città – ha commentato il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna – quest’iniziativa ha dato l’opportunità a molti cittadini di poter conoscere una storia ricolma di insegnamenti e spunti per riflettere. Ci auguriamo di poter ospitare presto un nuovo spettacolo.” Hanno partecipato all’evento anche gli assessori Fabrizio Rossi e Simona Rusconi e molti consiglieri comunali.

Di seguito i commenti internazionali riguardanti la pellicola:

“Un film dal grande valore pedagogico, un film su una scelta e l’amore”. Le Figaro

“Ha provocato molta commozione tra i presenti alle proiezioni in tutto il mondo”. New York Times

“Molte persone hanno trovato conforto personale e si sono sentite capite e amate”. La Macinò

Articolo pubblicato da Maremma News 10/03/23

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Informazione Cattolica

UNPLANNED: un inno alla vita che continua ad attrarre

GRANDE SUCCESSO DI PUBBLICO NEL TEMPIO LAICO DELL’ARISTON: ANCORA UNA VOLTA LA VITA VINCE CON LA FORZA DELLA VERITÀ

Il grande successo di pubblico alla presentazione di UNPLANNED – LA STORIA VERA DI ABBY JOHSON al Teatro Ariston, tempio laico della canzone italiana, venerdì sera, 29 luglio, porta alla mente come, nella storia, luoghi adibiti alle più efferate e atroci barbarie siano stati, in seguito, utilizzati per la difesa della verità. Quella verità che è insita ad ogni forma di vita fin dal concepimento.

Più di 600 le persone presenti ad un evento che si sta ripetendo – e speriamo ancora continui! – in tante città italiane. Nonostante la paura di ritrovarsi in un posto chiuso, il desiderio di capire, di andare in fondo, di conoscere una storia vera, attira tanti. Non è un segreto che le storie che raccontano fatti reali siano quelle che più di altre riescano ad accaparrarsi l’attenzione degli spettatori. E non solo! Spingono a domande serie su tematiche che, mentre qualcuno desidera mettere nel dimenticatoio, con forza si impongono spingendo sulla domanda di cosa sia realmente l’aborto.

«Una serata all’insegna della gioia e dell’entusiasmo» ha dichiarato Federica Picchi, distributore nazionale del film, «chi ha partecipato è rimasto travolto dalla potenza di una storia vera, e dall’entusiasmo dei tanti ragazzi che nei giorni precedenti alla proiezione, per le vie della città, hanno invitato i loro coetanei alla visione». Significativa la presenza in sala non solo del Vescovo di Ventimiglia-Sanremo, Mons. Antonio Suetta, Vescovo della Diocesi ospitante (e che alla fine si è presentato per un saluto attorniato da un folto gruppo di giovani) ma anche di altri ecclesiastici vescovi delle Diocesi limitrofe: Mons. Guglielmo Borghetti, Vescovo di Albenga-Imperia, Mons. Calogero Marino, Vescovo di Savona-Noli, oltre due vescovi emeriti, Mons. Vittorio Lupi e Mons. Alberto Maria. La presenza dei Pastori è il segno chiaro di una «Chiesa attiva, coraggiosa, per nulla subalterna ai pensieri nichilisti che sul tema della difesa della vita la nostra società va propinando» leggiamo nel comunicato stampa finale. «UNPLANNED» conclude Federica Picchi «svelando la semplice verità delle cose, continua ad aprire i cuori di tutti coloro che si accostano alla storia».

Articolo di Enzo Vitale pubblicato da Informazione Cattolica 30/07/22

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